Inter e Juventus, le prime della classe, quelle che hanno primeggiato nella sessione di calciomercato estiva, quelle dei grandi nomi, Ronaldo, il “Lukaku bono” (qualche tifoso biancoceleste ha battezzato Romelu) e poi… E poi la Lazio. Terza a pochi punti dalla regina momentanea nerazzurra.
Il miracolo inatteso.

Una Leicester tutta italiana, i più hanno mormorato, per il momento io so solo che il cammino è impervio, lungo, maggio lontano e chiudo i miei voli pindarici archiviandoli come “suggestioni”.

La mente inevitabilmente richiama lo storico Leicester di Ranieri, oppure è solo figlio del momento?

Inizio il mio discorso affermando che, nonostante lo scarso mercato che ha portato solo Manuel Lazzari nel parterre titolare,  La Lazio ha lo stesso un bel mucchio di piedi niente male. 
Oramai è quasi superfluo nominare Milinkovic, io l’avevo soprannominato “semidio” correndo il rischio di essere blasfema, di aver urlato una bestemmia nella grande chiesa calcistica che vede nel suo Olimpo gente come Messi, Ronaldo e poi gli altri tutti in un lato opposto.
Paratici afferma “è forte ma è della Lazio”, eh già, perché forse troppo blasfema non sono mai stata.

Luis Alberto
riscoperto dopo il crollo,  Correa dal guizzo argentino e l’unica pecca di non essere avvezzo al tiro in porta. Ma serve?
Nel caso di Joaquin la mancanza non la sentiamo nemmeno troppo, ci rifacciamo gli occhi con tutto il repertorio di doppi passi e robetta solita ai sbarbatelli talentuosi.

Al talento si aggiungono i cuori biancocelesti di Lulic, Radu, I muscoli di Leiva, la tigna di Parolo, le imprese spesso epiche di Strakosha.

E se non bastasse, allora aggiungo nel piatto Immobile, la grande sostanza di Acerbi, la difesa ballerina che però sa girare quando serve. Senza dimenticare Caicedo che più di una volta è stato l’uomo della Provvidenza.

Eppure tutto questo non è bastato in Europa League. Ma senza l’Europa, la Lazio fa meglio?
Iniziamo col dire che in estate nessuno, e specifico nessuno, tra mister, dirigenza, calciatori, l’aveva mai menzionata tra gli obiettivi stagionali. La Supercoppa e addirittura un’altra Coppa Italia, avevano sicuramente la priorità sul torneo internazionale.

Lotito sin dal principio aveva preteso un posto tra i primi 4 in classifica, non si è mai sognato di chiedere lo scudetto benché aveva inserito nell’accordo con lo spogliatoio un premio semmai…..
Ordunque, il presidente capitolino pretende di comprare una scala per i cancelli dorati della Champions League ed ha incaricato Igli di metter su una squadra per centrare l’obiettivo unico.
Peccato che per raggiungere un’Europa bisogna sacrificare l’altra.

A denti stretti però posso dire che senza il fardello europeo, l’incubo di preservare i calciatori, La Lazio potrà giocare con relativa serenità, soprattutto se riuscirà a mettere l’ipoteca sul quarto posto.
Tare ha già preannunciato che a gennaio non vedremo arrivare nessuno, perciò il poco ma probabile passaggio del turno, sarebbe solamente un altro allenamento per la panca fuori i confini del Belpaese.

In campionato però la musica cambia.
La Lazio non vinceva a San Siro contro il Milan da 30 anni e a Roma contro la Juve da 16.
Due tabù sfatati. Dimentichiamoci di loro.
I biancocelesti non soffrono nemmeno il morbo da big, la sindrome da provinciali.

Tutto questo non rischia di essere messo in discussione nemmeno dalla prematura eliminazione europea. Nonostante il fegato grosso, ormai ci siamo abituati all’idea e quasi non la soffriamo più.
Abbiamo capito che , eccezion fatta per Caicedo, Parolo, Patric a targhe alterne e Cataldi, la Lazio non ha rincalzi affidabili per competere su più fronti.
Problema che potrebbe diventare effettivamente rilevante solo nell’eventualità di un miracolo giovedì.
Chi troppo vuole però nulla stringe e perciò continuo a pensare che, anche nell’ipotetico scenario del passaggio turno, l’obiettivo unico continuerebbe ad essere il quarto posto in campionato.

Alla fine dei miei calcoli, vengono fuori i numeri: tolto il fardello europeo, alla Lazio rimarrebbero 23 partite con l’aggiunta della più defilata  Coppa Italia. 23 partite divise tra sporadiche “big” e prevalentemente centellinate tra le cosiddette “provinciali”, o “piccole” che dir si voglia.

E con buona creanza delle altre ancora impegnate fuori i confini del Belpaese, i biancocelesti godrebbero di più della leggerezza mentale.

Alla fine di questa mia chiacchierata, rimane una domanda a cui rispondere: l’esclusione dall’Europa League fa bene alla Lazio?
Sì!
Non dico di festeggiare l’uscita prematura, ma il mio “sì” è solamente figlio di un ragionamento cinico che nulla ha a che vedere con il sentimento.

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